In esposizione i seguenti artisti:
Paolo Beneforti (Pistoia, collezione Arte in Biblioteca Galleria Centro Steccata Parma), Riccardo Bonfadini (Soresina), Andrea Borelli (Parma), Ornella Bonomi (Milano), Giuliano Cardella (Lumezzane/Catania), Maria Diana (Roma), Emilio Isgro’ (Barcellona Pozzo di Gotto, collezione Arte in Biblioteca Galleria Centro Steccata Parma), Francesco Lasalandra (Milano), Emanuela Lena (Roma), LibriBianchi Lorenzo e Simona Perrone (Milano), Arturo Lombardi Boccia (Formia/Napoli), Ursula Manes (Parma/Basilea), Florencia Martines (Milano/Argentina), Demis Martinelli (Soncino), Nadia Mazzei (Viddalba), Maria Grazia Medda (Cagliari), Francesca Nicchi (Cosenza), Marco Pili (Oristano), Luisa Pineri (Milano), RIMA (Nashville U.S.A), Maria Schiavizzi (Gubbio), Maria Jole Serreli (Roma), Maria Spissu Nilson (Capoterra), Monica Traversi (Roma).
Non ci fanno solo intenerire e sorridere gli scatti dei gaudenti e sonnecchiosi maialini. Le fotografie scattate da David McEnery rappresentano il paradigma dei nostri rapporti – spesso e volentieri disastrosi – con il mondo animale. Ci fanno riflettere, in buona sostanza, su quanto sia importante considerare la cosiddetta “diversità” come un grande, indispensabile valore umanistico.
Nei suoi trascorsi professionali, McEnery ha lavorato per varie testate giornalistiche internazionali, fra cui la prestigiosa rivista Life, catturando gli aspetti più insoliti e divertenti della quotidianità. Il suo sguardo, ironico e leggero, garantisce uno stile unico e assai ricercato. Privilegiando le immagini in bianco e nero, da autentico purista non ha mai utilizzato il flash. La moglie Pat (fotografa e spesso sua modella) ha raccontato che per eseguire un solo scatto David pazientava un’intera giornata pur di ottenere la luce che voleva. La sua personalità, traboccante d’umorismo, gli ha consentito di creare situazioni fotografiche progettando e costruendo curiosi accessori e oggetti di scena (gli occhiali a cuore per i maialini e i gatti, una custodia per serpenti, una motocicletta per ranocchi…) che interagiscono con gli umani.

Il termine astrazione deriva dal latino abstractio, che a sua volta riprende la terminologia greca αφαίρεσις. In senso generico, è il procedimento del pensiero per cui un elemento viene isolato da tutti gli altri ai quali era connesso, considerandolo particolare oggetto di ricerca. Nell’arte, astrarre significa creare immagini che non appartengono al nostro ambito visivo; tentando, senza voler imitare la realtà concreta, di esprimere contenuti propri nella libera composizione di linee, forme, colori.
I protagonisti di Nuove Astrazioni
MARCO MARCASSA – In arte Mark, nato a Mestre (VE) nel 1969, sfoga la sua creatività dando nuova vita a materiali cosiddetti “di recupero”. La curiosità e la ricerca di tessuti, legni e altro ancora da “riciclare”, portano l’artista a creare opere che miscelano con naturalezza tecniche e colori, consentendogli di realizzare lavori di vario genere. Fanno infatti parte del repertorio quadri materici, monocromatici, stilizzati, con figure geometriche, sempre e comunque ricchi di particolari e dettagli.
CRISTIANO RANGHETTO – Nato a Busto Arsizio (VA) nel 1977, dopo gli studi presso il Liceo Artistico, nel 2004 consegue a Milano la laurea in Dottorato in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Attualmente vive, dipinge e insegna nella provincia di Varese. I suoi quadri a olio su tela esprimono forme vive comunicando un lirismo prodigo di spontaneità.
ROSA STRAMANDINO – Nata a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) nel 1980, mai potrebbe rinunciare ad accendere, nei suoi acrilici su tela, magiche quanto ineffabili fascinazioni. Se dal punto di vista tecnico siamo nell’alveo di un dipingere astratto che per sua stessa definizione non contempla cose riconoscibili né descrivibili, emozionalmente a imporsi è una sensibilità tutta femminile.
CLAUDIO VERGANTI – Nato a Cuvio (VA) nel 1944, partecipa nel 2012 alla Biennale di Venezia. Tecnicamente, per sottrazione, stende un fondo di granulosità sabbiosa e su di esso libera il cromatismo per poi metterlo a contatto di oscure “presenze” bituminose che assumono i contorni di macchie, orme, linee di demarcazione, confini, mappature, perfino ideogrammi che pedinano il Surrealismo. Chi ama la pittura astratta e informale, apprezzerà i tagli eseguiti con precisione chirurgica sulla superficie sabbiosa con l’intento di sottolinearla, evidenziarla, sublimarla in traiettorie, intersecazioni, reticoli, cerchi concentrici.